c'è che un attimo prima di partire mi viene quasi il vuoto di fronte.
le sacche sono pronte, sono impacchettate.
la madre ha dato i soldi.
il padre ha preparato la macchina.
io ho confezionato il succhino alla pesca.
c'è che un attimo prima di partire, passo tempo a pensare come finirà ciò che comincia
e, come da un pò qualcuno mi ha spiegato, pensare confonde le idee.
e così rimugino, tra le lenzuola di una stanza condizionata,
su quante, quali ombre sulla sabbia la mia testa preoccupata disegnerà.
e così attorcigliandomi, arrotolando i capelli come nidi di rondine,
rischio di dimenticare la poesia degli alluci tra i granelli, del sale sulle palpebre, del silenzio nel vento.
ma, così scioccato a rimirare questo progetto, sono capace di restare soltanto un attimo
di nuovo con il ciglio corrugato a chiedermi se tutta questa dose d'estate non sia altro che una grande pillola di sonnifero, e se davvero, per caso, per cose, per casi, non abbia bisogno di qualcos altro.
che forse io, a far grandi progetti e grandi discorsi, grandi sogni e grandi rimorsi, sono sempre stato maestro.
ma la capacità di costruire una vita più grande all'immagine che ho di essa, ecco, qui,
qui sono stato sempre rimandato a settembre.
come un sintomo che non ha la forza di diventare segno.
come un sogno che non ha la forza di essere ricordato.
e disarmato, senza forza, senza muscoli a coprire questa lunghe ossa resistenti,
nascondo la testa sotto la sabbia come uno struzzo, e regalo me stesso alle onde
"Ma quando resto
Quando mi fermo ad ascoltarti
Ad ascoltare i discorsi di una serata, di cento serate, di cento serate fumose
Di cento case, e di cento feste, di cento clubs e di cento teste
Io
non riesco
a sentire
niente."